Le corti e le cascine

Gli edifici della “corte” e della “cascina” sono allineati lungo i lati di una piazza centrale, la corte vera e propria. Da qui la denominazione di corte si estese all’intera struttura edificata; all’interno dei paesi, esse presero il nome di corti, mentre quando si trattava di realtà isolate nella campagna, venivano chiamate cascine.

 

Cascina Ancora (interno)Immaginando di effettuare un volo sulle campagne della pianura Padana agli inizi del secolo scorso, avremmo rilevato, oltre agli aspetti orografici e paesaggistici del territorio, numerose costruzioni presenti in cascine isolate nei campi oppure nuclei abitati nei quali la presenza di “corti”, cioè cascine all’interno del paese, costituiva un elemento determinante.
L’origine della corte risale al periodo Celtico, ma essa era certamente diffusa anche nell’età romana: forse il termine deriva dal latino “capsa”, che significa recipiente.
Le corti e le cascine sono state forse il primo esempio di ambiente predisposto per il “lavoro organizzato”, infatti la loro struttura e conformazione non era lasciata al caso ma era funzionale ai diversi aspetti che caratterizzavano la vita contadina.
La corte e la cascina, tuttavia, non erano solo un luogo di lavoro ma costituivano il nucleo principale su cui si basava la vita dei nostri antenati. In esse la vita si svolgeva prevalentemente al di fuori della propria abitazione, in quanto il numero elevato di famiglie e l’assenza di comodità portava a una spinta socializzazione con i vicini all’interno degli spazi comuni. Le case erano generalmente molto spartane e organizzate secondo uno schema ricorrente che prevedeva un locale al piano terra – che serviva da cucina dove vi era il tavolo, il camino e una dispensa - e le camere al piano rialzato.


CascinaI vari locali, di volta in volta, erano usati anche per altri scopi come ad esempio la cultura del baco da seta. Le delicate larve e in seguito i cavalée dovevano essere conservate in luoghi riparati, di solito al piano di sopra, per non compromettere questa supplementare fonte di guadagno.
La vita nelle nostre corti e cascine si basava su usanze radicate, scandite dalle varie stagioni dell’anno. Tranne i periodi di duro lavoro nei campi legati alla semina o al raccolto, dove tutta la famiglia (in senso esteso ovvero patriarcale) era coinvolta nelle attività in campagna, le corti, tipicamente di giorno, erano popolate da donne e bambini.
La famiglia si riuniva solo per brevi periodi nella giornata; per il pasto (talvolta uno solo in tutta la giornata e, se la famiglia era numerosa, consumato da alcuni in cortile o sotto il portico) o per la preghiera serale (in stalla d’inverno – dove il tepore delle bestie garantiva una temperatura accettabile – o all’aperto sotto i porticati nei periodi caldi). Le nostre corti e cascine hanno subito molte trasformazioni, specialmente nel XVIII e XIX secolo, che hanno finito per snaturarne la funzione, a partire dalle caratteristiche “difensive”; infatti ogni cortile aveva il proprio portone che veniva chiuso di sera e le finestre che si affacciavano all’esterno erano protette da inferriate. Questi aspetti garantivano nei secoli passati elementari forme di difesa nei confronti dei malintenzionati. Ora nulla di tutto questo è più necessario e perciò non è sopravvissuto allo scorrere inesorabile del tempo.

Le corti e le cascine di Concorezzo, come normalmente quelle dell’area a nord di Milano, caratterizzata da una minore fertilità del suolo, sono di tipo “pluriaziendale”, ovvero rappresentano un ambiente fortemente frazionato.
Il frazionamento di corti e cascine prevedeva l’assegnazione ad ogni nucleo famigliare di un’abitazione e di una stalla con fienile, raramente attigui. Le terre erano spesso distribuite in differenti posti del paese, per cui i contadini erano soliti costruire delle “basi d’appoggio” (i casìnót) nelle quali lasciare gli attrezzi del lavoro quotidiano.
Lo schema delle cascine era quello di uno o due cortili quadrangolari, circondati da costruzioni lineari nelle quali era aperto un portico a piano terra ed una loggia al piano superiore, con uno o più ingressi muniti di portoni sorvegliabili. La cascina normalmente era attorniata da piccoli depositi per attrezzi agricoli.In ogni cortile era presente il pozzo dell’acqua, preziosa fonte per tutti gli abitanti del cortile, e in alcuni casi anche il forno nel quale veniva cotto il pane.
Cascina Rancate è una delle più antiche cascine, risalendo addirittura al XIII secolo. Essa è stata acquistata e completamente ristrutturata dall’amministrazione comunale negli anni 1997 – 1999 e dedicata a residenza agevolata per anziani e giovani coppie. Fra le cascine ancora abitate vi sono le cascine Cassinetta, Bagordo, Beretta, Autunno, Campaccio, S. Vincenzo, Baragiola, Brambilla, Barbavaja (o Meda), S. Nazaro. Quest’ultima, ormai inglobata nell’abitato, viene segnalata spesso come villa Sannazzaro e comprende, oltre alla corte rustica, anche una costruzione di stampo padronale. In fondo al viale d’ingresso la facciata, coronata da timpano triangolare, è scandita in cinque fornici da lesene d’ordine gigante; ai lati appare una decorazione a bugnato piatto. L’insieme riporta alla fine del XVIII secolo; di forme neoclassiche è anche la palazzina padronale, sul lato opposto a quello d’ingresso.


Grazie all'iniziativa dell'Archivio Storico, oggi le corti e le cascine ormai inserite nel tessuto urbano hanno tutte all'ingresso una targa in ceppo con l’antica denominazione dialettale.Non un semplice recupero della tradizione, ma un arricchimento identitario soprattutto per le nuove generazioni.


Nel corso della storia, la gente di Concorezzo si è distinta per una notevole vivacità in tutti i campi dell’agire umano, dall’agricoltura all’industria, dall’arte al commercio. Qui la vita cittadina, vissuta dalla gente con intensità, partecipazione e senso di appartenenza alla comunità, ha favorito la nascita ed il fiorire di molte associazioni, a partire dalle scuole seicentesche, per arrivare alle numerose organizzazioni di promozione dello sport, della cultura, del volontariato sociale che costituiscono la vera ricchezza umana e civile della nostra città.