L'eresia Catara

A partire dal XII secolo Concorezzo fu sede di una setta eretica, quella dei Catari, detti anche “poveri di Concorezzo”, che costituirono nel nostro paese la più importante delle sei chiese catare d’Italia, con più di 1500 “perfetti”, su un totale di meno di 4000 per tutta l’Europa. Questo movimento di stampo manicheo, che prese le mosse dal bogomilismo bulgaro, rimproverava al clero la sua corruzione ed auspicava il ritorno della Chiesa alla primitiva purezza. In definitiva, la loro opposizione era fondata, più che su problemi dogmatici, su esigenze di rinnovamento religioso e sociale, peraltro simili a quelle che diedero origine ad altri analoghi movimenti ereticali sviluppatisi tra la fine del XII e gli inizi del XIII secolo, o che determinarono la nascita di alcuni ordini religiosi, fra cui quello, prettamente lombardo, degli Umiliati.

Edifici medioevaliDa un punto di vista dottrinale, i Catari basavano il loro credo su due princìpi, il Bene e il Male, il primo dei quali rappresentato dal Dio vero e buono in cielo, che ha creato le anime, mentre il secondo impersonificato dal dio malvagio (il diavolo), che ha creato il mondo e tutte le realtà materiali, compresi i nostri corpi nei quali egli ha imprigionato l’anima, realtà spirituale destinata alla fine a ritornare in cielo. Questo credo comportava una serie di conseguenze, come il rifiuto di tutte le autorità, considerate emanazioni del demonio, e la scelta di cibarsi esclusivamente di alcuni generi di alimenti, considerati non impuri. Dal punto di vista dottrinale non va dimenticata però l’opposizione catara verso l’istituto del matrimonio, considerato mezzo di trasmissione del corpo umano da parte del dio cattivo, secondo un’interpretazione mitica del peccato di Eva ed Adamo. Questa concezione del matrimonio espressa dal catarismo costituiva un grave pericolo per la struttura sociale, e anche per questo si spiega la reazione dell’Inquisizione.

La volontà di contestare il crescente potere della Chiesa di Roma, che si esprimeva per l’appunto anche attraverso l’Inquisizione stessa, portò nel 1252 all’assassinio del frate domenicano Pietro da Verona, inquisitore di Como e Milano, ucciso dal sicario cataro Carino de Balsamo in località Faroa vicino a Barlassina. L’assassinio di Pietro, che fu canonizzato un anno dopo la morte, fu organizzato dal nobile Stefano Confalonieri di Agliate, figura eminente della chiesa catara concorezzese, tra i cui avi vi era il vescovo Ansperto di Milano.
Subito dopo il martirio di Pietro da Verona, a difesa della Chiesa di Roma intervenne il podestà di Milano, Oldrano da Tresseno, che operò grandi stragi di catari ed eretici.
Malgrado ciò, sia il Confalonieri, sia lo stesso uccisore Carino, catturato ma subito fuggito di prigione, e che terminò l’esistenza addirittura in un convento domenicano “in fama di santità”, sfuggirono alla pena capitale.
Tuttavia sarebbe erroneo ritenere che il fenomeno cataro, estintosi in Italia ai primi del ‘300, sia scomparso a causa dell’Inquisizione.