Accanto a figure eretiche, nel medioevo il nome di Concorezzo fu conosciuto anche per differenti personalità, civili e religiose, di alta levatura e rinomanza. Fra di esse Ruggero, console di Milano ai tempi dell’arcivescovo Galdino, che ebbe un ruolo importante nella fortificazione della città dopo la distruzione avvenuta ad opera dell’imperatore Federico Barbarossa.
Sicuramente la figura più prestigiosa fu quella del beato Rainaldo, arcivescovo di Ravenna. Rainaldo Concoreggio nacque verso la metà del XIII secolo, non è ancora certo se a Concorezzo o a Milano. Tuttavia egli era membro autorevole della nobile famiglia dei “Concorezzo”. Dapprima egli studiò a Bologna, in quei tempi uno dei principali centri di cultura di tutto il mondo, pressappoco nello stesso periodo in cui anche Dante frequentava il capoluogo felsineo. Dal 1286 fu a Lodi come professore e come Canonico, quindi partecipò al Consiglio provinciale di Milano, indetto da Ottone Visconti, in veste di consigliere giureconsulto del vescovo Bongiovanni Fissiraga.
Negli anni seguenti la sua attività si svolse nel corso di importanti missioni diplomatiche presso la Curia romana e in Francia. In quei tempi gli alti prelati si dovevano occupare anche di mansioni di questo tipo, e pare che Rainaldo svolgesse sempre il suo incarico con particolare competenza.
Infatti fu inviato dal Papa come Nunzio in Francia per consolidare la riconciliazione fra Filippo il Bello e il re d’Inghilterra Edoardo, missione che venne particolarmente apprezzata ed elogiata dal pontefice.
Qualche anno dopo anche l’imperatore Enrico VII ricorse alla sua esperienza diplomatica e ai suoi servigi durante la sua discesa in Italia. Pare che anche Dante trovasse conforto durante gli ultimi anni d’esilio a Ravenna nelle conversazioni con il dotto prelato. Nel 1303 Rainaldo venne nominato dal Papa arcivescovo di Ravenna, carica che occupò per diciassette anni fino alla morte il 18 agosto 1321. Già nel 1340 i documenti lo dichiarano beato. Nel 1308 venne incaricato dell’inquisizione sui Templari, il cui processo iniziava in Francia proprio quell’anno su istigazione del re Filippo che intendeva incamerare le favolose ricchezze di quel potente ordine religioso-cavalleresco. Nel corso del processo ai Templari, che vide l’assoluzione finale degli imputati, Rainaldo fu il principale inquisitore dell’Italia settentrionale.
Concorezzo, che fin dal X secolo dipendeva dall’arcivescovo di Milano, venne assegnato in feudo nel 1690 al questore Pirro De Capitani, il quale ottenne successivamente il titolo di conte. I De Capitani erano originari della val di Scalve, confinante con la valle Camonica in provincia di Brescia, ed erano fin dagli anni dopo il Mille importanti dignitari della zona di Bergamo. Nel XV secolo si trasferirono a Milano, e a partire dal 1500 acquisirono, attraverso matrimoni e transazioni varie, crescenti proprietà in Concorezzo, aspirando a diventarne feudatari, come poi avvenne.
Il conte Pirro fu senz’altro la figura di maggior prestigio della famiglia, e probabilmente diede inizio alla costruzione della villa De Capitani, posta al centro della città, i cui resti sono ora in corso di restauro per ospitare il nuovo palazzo Municipale. Nato a Milano nel 1623, fu per tre volte Vicario di Provvisione (pochi anni dopo la storica vicenda narrata dal Manzoni nei Promessi Sposi), e occupò altre importanti cariche nell’Amministrazione milanese, quali la Prefettura e il giudice dei dazi. Nel momento di divenire feudatario di Concorezzo, con diritto per sé e per i suoi eredi maschi primogeniti, aveva quasi settant’anni.
Dopo di lui verranno altri 6 conti e “Grandi di Spagna”, che godranno di notevoli privilegi economici su Concorezzo fino all’avvento di Maria Teresa e poi dei francesi che aboliranno i diritti giurisdizionali della nobiltà. Tra di essi pure Pirro Alessandro, un patriota esule in Spagna a causa di una condanna a morte, dove combattè agli ordini di Guglielmo Pepe. Il settimo e ultimo conte sarà Carlo Pietro, morto a S. Angelo Lodigiano nel 1841, con il quale si estinguerà la linea maschile della famiglia.
Un'altra figura di importanza storica è senza dubbio Giuseppe Levati, nato a Concorezzo nel 1739, figlio di un falegname che trasferì poi tutta la famiglia a Milano per meglio seguire il figlio nei suo studi. Dopo essere stato preso sotto la speciale protezione del Conte Litta Visconti Arese, che ne riconobbe il genio, Levati iniziò la sua carriera come pittore ornatista e professore di prospettiva, che lo farà indicare tra i primi interpreti del neoclassicismo lombardo. Membro della Reale Accademia di Belle Arti di Parigi, la sua fama era diffusa ben oltre i confini italiani, fin sulle rive della Moscova e della Neva. Negli ultimi anni della sua vita si dedicò all’insegnamento della prospettiva, reggendo la cattedra per oltre un ventennio. Morì nel 1828, dopo aver ottenuto la giubilazione per i suoi “grandissimi meriti” dall’imperatore d’Austria.